Oggi la tutela dei lavoratori negli appalti e nella cessione dei rami di azienda è maggiore.
Non può essere in nessun caso accolta l’eccezione di preventiva escussione del patrimonio dell’appaltatore e degli eventuali subappaltatori poiché il decreto legge n. 25 del 2017, convertito in Legge n. 49 del 20 aprile 2017, ha eliminato il “beneficio di preventiva escussione” precedentemente previsto in favore del committente nei confronti dell’appaltatore (o dell’appaltatore nei confronti dell’eventuale subappaltatore).
Già il D.Lgs. 276/2003 (c.d. Legge Biagi) e successive modificazioni aveva modificato l’art. 29, comma 2, introducendo una più ampia responsabilità solidale del committente; responsabilità ulteriormente ampliata da successivi interventi normativi, fino alla novella del 2017.
Il nuovo testo dell’art. 29, comma 2, d.lgs. 276/2003 prevede oggi: “in caso di appalto di opere o di servizi, il committente imprenditore o datore di lavoro è obbligato in solido con l’appaltatore, nonché con ciascuno degli eventuali subappaltatori entro il limite di due anni dalla cessazione dell’appalto, a corrispondere ai lavoratori i trattamenti retributivi, comprese le quote di trattamento di fine rapporto, nonché i contributi previdenziali e i premi assicurativi dovuti in relazione al periodo di esecuzione del contratto di appalto, restando escluso qualsiasi obbligo per le sanzioni civili di cui risponde solo il responsabile dell’inadempimento. Il committente che ha eseguito il pagamento è tenuto, ove previsto, ad assolvere gli obblighi del sostituto d’imposta ai sensi delle disposizioni del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e può esercitare l’azione di regresso nei confronti del coobbligato secondo le regole generali”.
Nella stessa direzione è anche la L. 20 aprile 2017, n. 49 di conversione del D.L.25/2017 la quale, abrogando la norma del Dlgs.276/2003 che disciplinava la facoltà per la contrattazione collettiva nazionale di derogare alle previsioni normative sulla responsabilità solidale e che prevedeva un meccanismo processuale che consentiva al committente di invocare il beneficio della preventiva escussione del debitore principale, pur non toccando il senso della responsabilità solidale, ha eliminato il beneficio della preventiva escussione dell’appaltatore.
Dal 17 marzo 2017, con l’entrata in vigore del D.L. 25/2017, nell’ambito degli appalti, qualora il datore di lavoro non paghi i propri dipendenti, o non versi i relativi contributi previdenziali ed assicurativi, il lavoratore potrà direttamente agire nei confronti dell’impresa committente, la quale non potrà più avvalersi del beneficio della preventiva escussione.
Alla luce della normativa vigente, avvalersi del beneficio di preventiva escussione ed andrà rigettata la richiesta secondo cui l’azione esecutiva contro la committente è subordinata all’infruttuosa escussione del patrimonio dell’appaltatore (e degli eventuali subappaltatori). La committente potrà ben essere aggredita prima dell’appaltatore e dovrà pagare direttamente al lavoratore tutti i crediti (retribuzioni e obbligazioni contributive, previdenziali ed assicurative dei lavoratori di cui si è servita). Dopo aver pagato, potrà agire per rivalersi sull’appaltatore.
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