In Italia essere trovati in possesso di un quantitativo di droga leggera per il cosiddetto « uso personale », è vero, non costituisce reato, ma espone comunque il possessore a fastidiose e sanzioni di tipo amministrativo, che si aggravano nel caso in cui si sia in possesso di una patente di guida e si abbia la « disponibilità » di un veicolo di qualunque tipo. Dunque tali sanzioni prescindono dall’ipotesi di guida sotto effetto di sostanze stupefacenti o psicotrope.
Esse sono comminate dal prefetto, a dunque a seconda della « linea » tenuta dalla prefettura che le irroga, possono essere anche molto stringenti.
Sicuramente districarsi in una situazione del genere per chi non è un esperto di diritto non è facile ma il consiglio è, laddove ve ne siano i presupposti, di fare opposizione entro i termini che sono indicati nel provvedimento che spesso arriva al destinatario anche dopo anni.
Naturalmente la contestazione deve essere fondata e non pretestuosa, può basarsi su errori del verbale, vizi di motivazione, errori di notifica ecc…
I termini indicati nel provvedimento sono perentori: questo vuol dire che una volta decorsi non sarà più possibile proporre impugnazione alcuna.
Gli artt. 75 D.P.R. 309/90 e 128 e 187 C.d.S. tracciano il quadro normativo nella materia delle citate sanzioni amministrative.
Dopo il rinvenimento della sostanza generalmente vengono effettuati i controlli e gli esami chimici che ne determinano la tipologia, il peso ed il quantitativo di principio attivo (per marijuana, hashish e derivati la soglia massima per non incorrere in un reato, attualmente è di 0,5 gr di THC). Questo vuol dire che se il quantitativo è superiore, i problemi saranno maggiori perché si integrano gli estremi del reato penale.
A questo punto il prefetto convoca il soggetto per un colloquio, con invito che viene notificato all’indirizzo del destinatario.
Se il destinatario non si presenta sono comminate ulteriori sanzioni (sospensione della patente, sospensione del passaporto e carta di identità invalidata per l’espatrio).
Se il soggetto si presenta: se si tratta di prima segnalazione e quantitativo irrisorio, raramente ai più fortunati viene comminato ammonimento verbale, che si conclude con l’archiviazione e l’invito a non replicare la condotta. Più di frequente la sorte che accomuna i più è quella che venga (dopo tempo, anche un anno) inoltrato il provvedimento di revisione della patente di guida, disposto ai sensi dell’art. 128 C.d.S., che si fonda sull’attribuzione sommaria di responsabilità e si basa sulla presunzione che, essendo il soggetto un consumatore di droghe, non abbia le capacità psicofisiche per la guida di veicoli.
Nello specifico possono essere richiesti esami che evidenzino che il soggetto non sia un consumatore abituale (come ad esempio l’esame delle urine o l’esame del capello…) effettuati con visita a sorpresa al fine di garantire la genuinità dell’esame stesso e che dovranno essere esibiti innanzi un’apposita commissione medica (art. 330 c.10 D.P.R. 495/1992), laddove si ritenga integrata la condotta di cui all’art. dall’art. 75, c.1 D.P.R. 309/90.
L’ipotesi di guida sotto effetto di sostanza stupefacente o psicotropa rappresenta un illecito a sé stante ai sensi dell’art. 187 C.d.S., ma le sanzioni in parte sono comuni, e lo sono anche per i reati di cui agli articoli 186 e 186 bis del codice della strada.
Gennaio 2016