Tra le conseguenze derivanti dall’esistenza del contratto di lavoro subordinato vi è quello di esercitare un potere disciplinare di natura sanzionatoria a fronte di comportamenti dell’insegnate che costituiscano inosservanza degli obblighi contrattuali.
Tra essi rientrano comportamenti considerati sconvenienti, comportamenti non in linea con il ruolo ed i compiti del docente, comportamenti che violino il rapporto di fiducia tra dipendente ed istituto scolastico.
Negli ultimi anni sono aumentati i casi di provvedimenti disciplinari (in alcuni casi sfociati finanche in licenziamenti) a seguito di affermazioni, foto e “post” pubblicati sui social network ed in particolare su Facebook. Secondo recenti orientamenti della Corte di Cassazione in alcuni di questi, il licenziamento, era giustificato e dovuto. Si è parlato di “licenziamento per giusta causa” laddove è emerso un comportamento confliggente con gli obblighi che sull’insegnate gravano.
Ma quali sono i comportamenti che possono essere considerati come violativi degli obblighi contrattuali?
Alcuni casi trattati dal nostro studio legale hanno riguardato fotografie che ritraggono insegnati ubriachi, “post” aventi ad oggetto affermazioni di disprezzo per le forze dell’ordine, turpiloquio e/o affermazioni diffamatorie indirizzate a colleghi, vilipendio delle istituzioni, istigazione all’odio razziale, apologia di reati. Essere seguiti da avvocati competenti, come i nostri, è necessario per non rischiare il licenziamento. La recente posizione della giurisprudenza infatti sottolinea la potenzialità del mezzo social network di raggiungere innumerevoli soggetti nonché la sua idoneità all’istantanea diffusione (tramite il numero di condivisioni).
Questi sono solo alcuni dei casi che recentemente hanno riguardato provvedimenti disciplinari a carico di insegnati con veri e propri processi tenutisi in sede giudiziaria.
Il potere disciplinare, va esercitato avendo come obiettivo l’erogazione del servizio scolastico in un clima sereno, di reciproco riconoscimento dei ruoli, dei diritti e dei doveri, motivo per il quale la sanzione non deve essere sproporzionata rispetto all’evento. Il bene giuridico tutelato è il decoro della pubblica amministrazione e la sua efficienza: va dunque dimostrato in che modo i comportamenti non graditi possano concretamente metterli a rischio.
Va ricordato che il potere disciplinare non solo ha valenza punitiva, ma anche accertativa relativamente alla sussistenza di illeciti e dunque non può sfociare in una vera a propria repressione della personalità del docente e della libertà di espressione tutelata dall’art. 21 della Costituzione: in sede giudiziaria infatti va richiesto (ed attuato) il doveroso temperamento tra principi costituzionali.
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Applicazione delle sanzioni dopo la riforma
Data comunicazione all’insegnante dell’addebito disciplinare (con indicazione del relativo comportamento notificato) si apre la fase istruttoria nella quale si raccolgono elementi relativi all’illecito ed eventuali prove volte a giustificare l’irrogazione della sanzione.
Le sanzioni disciplinari si applicano agli insegnanti che abbiano violato i doveri previsti dal CCNL, dal D.Lgs. 297/1994, D.M. 28/11/2000, Codice di comportamento dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni e, dal D.Lgs. 150/2009.
La riforma cd “Madia”, tra le innumerevoli novità, presenta anche quelle relative alla responsabilità disciplinare nel pubblico impiego con modifiche agli artt. 55 e seguenti del Testo Unico del pubblico impiego. Tra le novità più rilevanti introdotte dalla modifica quelle relative al potere di irrogare sanzioni che superino i 10 giorni di sospensione in capo all’Ufficio Scolastico regionale.
Viene dunque nuovamente ritoccato il sistema disciplinare nel pubblico impiego già oggetto di un’ampia riforma nel 2009 ad opera del Ministro Brunetta.
Le infrazioni e le relative sanzioni applicate si distinguono in sanzioni più lievi o più gravi.
Tra le infrazioni di minore gravità intanto dobbiamo distinguere quelle che comportano le sanzioni:
– del rimprovero verbale e scritto;
– nella multa fino a quattro ore di retribuzione;
-nella sospensione fino a dieci giorni.
Per l’irrogazione della sanzioni del rimprovero verbale, recita il nuovo art. 55-bis del Testo unico del pubblico impiego come riformato dalla Madia, così come per le altre sanzioni lievi è competente il responsabile della struttura presso cui presta servizio il dipendente, quindi nel caso degli insegnati, sarà il dirigente scolastico a comminare la sanzione.
Alle infrazioni per le quali è previsto il rimprovero verbale si applica la disciplina stabilita dal contratto collettivo.
Per le infrazioni punibili con sanzioni cd. “gravi” è invece competente l’ufficio per i procedimenti disciplinari individuato da ciascuna Amministrazione, che nel caso degli insegnanti è l’ufficio scolastico regionale.
Tra le sanzioni più gravi
-sospensione dall’insegnamento da 11 giorni ad 1 mese (senza trattamento retributivo);
-sospensione dall’insegnamento fino a 6 mesi (senza trattamento retributivo);
-licenziamento.
In casi gravi può essere disposta la sospensione cautelare dal servizio in attesa della conclusione del procedimento.
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Forme e termini del procedimento disciplinare
Il nuovo Testo unico, in merito alla responsabilità disciplinare nel pubblico impiego, dispone che per le infrazioni il responsabile della struttura o l’ufficio scolastico regionale presso cui presta servizio il dipendente, segnalino immediatamente, e comunque entro dieci giorni, all’ufficio competente per i procedimenti disciplinari i fatti ritenuti di rilevanza disciplinare di cui abbiano avuto conoscenza.
L’Ufficio competente con immediatezza e comunque non oltre trenta giorni decorrenti dal ricevimento della predetta segnalazione, provvede alla contestazione scritta dell’addebito e convoca l’interessato, con un preavviso di almeno venti giorni, per l’audizione.
Il lavoratore può farsi assistere da un rappresentante sindacale o meglio da un avvocato e può, in caso di grave e oggettivo impedimento chiedere il differimento dell’audizione.
Il procedimento deve essere concluso nel termine massimo di di 120 giorni (nei casi più gravi) dalla contestazione dell’addebito con l’atto di archiviazione o di irrogazione della sanzione, dandone comunicazione anche all’Ispettorato per la funzione pubblica.
Il nuovo comma 9 dell’art 55 bis dispone che La cessazione del rapporto di lavoro estingue il procedimento disciplinare salvo che per l’infrazione commessa sia prevista la sanzione del licenziamento o comunque sia stata disposta la sospensione cautelare dal servizio.
In tal caso le determinazioni conclusive sono assunte ai fini degli effetti giuridici non preclusi dalla cessazione del rapporto di lavoro.
Rapporti fra procedimento disciplinare e procedimento penale
L’art 55 ter disciplina il rapporto tra procedimento disciplinare e procedimento penale, stabilendo la prosecuzione e conclusione del primo anche in caso in cui il comportamento del dipendente integri una fattispecie penale.
Tuttavia la riforma Madia ha previsto la possibilità di sospensione del procedimento disciplinare nel caso di particolare complessità dell’accertamento del fatto addebitato al dipendente e per il quale sono previste sanzioni superiori alla sospensione dal servizio con privazione della retribuzione fino a dieci giorni.
Il procedimento disciplinare sospeso può essere riattivato “qualora l’amministrazione giunga in possesso di elementi sufficienti per concludere il procedimento, anche sulla base di un provvedimento giurisdizionale non definitivo.Resta in ogni caso salva la possibilità di adottare la sospensione o altri provvedimenti cautelari nei confronti del dipendente”.
Se vi è assoluzione nel procedimento penale, perchè ” il fatto non sussiste o non costituisce illecito penale o perché il dipendente non lo ha commesso,” l’ufficio competente per i procedimenti disciplinari, ad istanza di parte da proporsi entro sei mesi dall’irrevocabilità della pronuncia penale, riapre il procedimento disciplinare per “modificarne o confermarne l’atto conclusivo in relazione all’esito del giudizio penale”.
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I casi di licenziamento disciplinare nel pubblico impiego
L’art 55 quater (su cui più pesantemente è intervenuta la riforma Madia) prevede i casi di licenziamento disciplinare che sono 10 ipotesi. Alle già esistenti ipotesi di:
– assenze ingiustificate per più di tre giorni in un biennio o più di sette giorni in dieci anni;
– false timbrature;
– ingiustificato rifiuto del trasferimento disposto dall’amministrazione per motivate esigenze di servizio;
-false dichiarazioni per ottenere promozioni e posti;
-reiterazione nell’ambiente di lavoro di gravi condotte aggressive o moleste o minacciose o ingiuriose o comunque lesive dell’onore e della dignità personale altrui;
– condanna penale con l’interdizione perpetua dai pubblici uffici
Si affiancano nuove ipotesi di licenziamento disciplinare date da:
– gravi (o reiterate) violazioni dei codici di comportamento;
– commissione dolosa, o gravemente colposa, per i dirigenti circa la mancata attivazione o definizione di procedimenti disciplinari;
– la reiterata violazione di obblighi concernenti la prestazione lavorativa, che abbia determinato l’applicazione, in sede disciplinare, della sospensione dal servizio per un periodo complessivo superiore a un anno nell’arco di un biennio;
– insufficiente rendimento rilevato dalla reiterata valutazione negativa della performance del dipendente nell’arco dell’ultimo triennio.
Falsa attestazione in servizio
Il comma 3-bis e seguenti disciplina la procedura per il licenziamento disciplinare a seguito di falsa attestazione in servizio.
Sul tema si legga: falsa attestazione in servizio e licenziamento disciplinare dopo la Madia Proprio sul tema della falsa attestazione in servizio, il 10 luglio è intervenuto il Consiglio dei Ministri per l’approvazione definitiva del decreto correttivo al decreto legislativo 20 giugno 2016, n.116, recante modifiche all’articolo 55-quater del TUPI .
L’art 55-quinquies sempre sulla falsa attestazione in servizio prevede una fattispecie incriminatrice punita con la reclusione da uno a cinque anni e con la multa da euro 400 ad euro 1.600 per chi, attesta falsamente il servizio mediante alterazione di sistemi di rilevamento della presenza o per chi giustifica l’assenza dal servizio mediante una certificazione medica falsa o falsamente attestante uno stato di malattia.
La stessa pena si applica al medico e a chiunque altro concorre nella commissione del delitto.
In questi casi, inoltre, il lavoratore, è obbligato a risarcire il danno patrimoniale, pari al compenso corrisposto a titolo di retribuzione nei periodi per i quali sia accertata la mancata prestazione, nonché il danno d’immagine.
Nessuno potrà risparmiarti gli inconvenienti di un’azione disciplinare ma puoi scegliere di farti assistere da professionisti competenti come quelli del nostro studio per avere assistenza legale e per una consulenza. Troverai ulteriori informazioni alla sezione contatti del nostro sito o alla sezione collaborazioni.
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