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Luglio 2015

Risarcibilità dei danni derivanti da infedeltà coniugale

Secondo un orientamento ormai consolidato, la Suprema Corte di Cassazione afferma il principio della risarcibilità dei danni derivanti dall’infedeltà coniugale, che rappresenta una delle ragioni più frequenti delle crisi di coppia. L’infedeltà coniugale è infatti punita non solo con un eventuale addebito della separazione, ma anche con il pagamento  dei danni che il coniuge vittima del tradimento ha subito.


La sentenza della Cassazione n. 18853/2011 riconosce infatti al coniuge tradito il diritto al risarcimento secondo i generali criteri della responsabilità civile (articoli 2043 e 2049 Codice Civile), risarcimento patrimoniale ma anche risarcimento del danno biologico ed esistenziale. Tuttavia non tutte le infedeltà sono motivo di addebito della separazione né  tantomeno fonte di risarcimento.
La violazione degli obblighi nascenti dal matrimonio, se da un lato legittima la richiesta di addebito della separazione, dall’altro può integrare un illecito civile, vista la natura giuridica, oltre che morale, dei doveri derivanti da tale unione. Ciò che rileva è la lesione della dignità e l’onore del coniuge tradito che rappresenta un illecito civile. In forza di tale orientamento vengono condannate le infedeltà coniugali consumate in modo plateale e che hanno leso la dignità e l’onore di chi le subisce. Spetta al coniuge tradito provare l’entità dei danni subiti, sia morali che economici.
Pertanto la pronuncia di addebito e il risarcimento del danno possono sicuramente coesistere (ex multis, sentenza Cassazione Civile, I Sezione, del 01.06.2012 n. 8862).

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