Fissazione dei livelli essenziali di assistenza (LEA) con la celebre Sentenza della Corte Costituzionale
SENTENZA N. 134 ANNO 2006
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori: Presidente: Annibale MARINI; Giudici: Franco BILE, Giovanni Maria FLICK, Francesco AMIRANTE, Ugo DE SIERVO, Romano VACCARELLA, Paolo MADDALENA, Alfio FINOCCHIARO, Alfonso QUARANTA, Franco GALLO, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE, Maria Rita SAULLE, Giuseppe TESAURO,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nei giudizi di legittimità costituzionale dell’articolo 1, comma 169, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2005), promossi con ricorsi della Regione Friuli-Venezia Giulia e della Provincia autonoma di Trento rispettivamente notificati il 28 febbraio e il 1° marzo 2005, depositati in cancelleria il 3 e l’8 marzo 2005 ed iscritti ai nn. 28 e 35 del registro ricorsi 2005.
Visti gli atti di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell’udienza pubblica del 21 febbraio 2006 il Giudice relatore Ugo De Siervo;
uditi l’avvocato Giandomenico Falcon per la Regione Friuli-Venezia Giulia e per la Provincia autonoma di Trento e l’avvocato dello Stato Filippo Arena per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
1. – Con ricorso notificato il 1° marzo 2005 e depositato l’8 marzo 2005 (reg. ric. n. 35 del 2005) la Provincia autonoma di Trento, in persona del Presidente pro tempore della Giunta provinciale, ha promosso in via principale questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 169, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2005), per violazione degli articoli 8, numero 1), numero 9), numero 10) e numero 16), del d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670 (Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige), nonché dell’art. 117, commi quarto e sesto, della Costituzione, in relazione all’art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione), del d.P.R. 28 marzo 1975, n. 474 (Norme di attuazione dello statuto per la regione Trentino-Alto Adige in materia di igiene e sanità), “con particolare riferimento all’art. 2”, dell’art. 2 del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 266 (Norme di attuazione dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige concernenti il rapporto tra atti legislativi statali e leggi regionali e provinciali, nonché la potestà statale di indirizzo e coordinamento), ed, infine, per violazione dei principi costituzionali di legalità sostanziale e di leale collaborazione.
La norma impugnata affida ad un regolamento del Ministro della salute, da adottarsi di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, «sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome» e avvalendosi di una Commissione mista Stato-Regioni, la determinazione degli «standard qualitativi, strutturali, tecnologici, di processo e possibilmente di esito, e quantitativi» relativi ai livelli essenziali di assistenza (cd. LEA), la cui disciplina resta determinata dall’art. 54 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, recante (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge finanziaria 2003), in relazione alle prestazioni individuate dal d.P.C.m. 29 novembre 2001 (Definizione dei livelli essenziali di assistenza).
Essa, inoltre, stabilisce che «con la medesima procedura sono individuati le tipologie di assistenza e i servizi, relativi alle aree di offerta individuate dal vigente Piano sanitario nazionale».
La ricorrente reputa che tale ultimo periodo della norma attenga direttamente all’oggetto dei LEA, alla cui osservanza la Provincia si dichiara tenuta in forza dell’art. 2 del d.P.R. 28 marzo 1975, n. 474, che le impone di garantire «prestazioni di assistenza igienico-sanitaria ed ospedaliera non inferiori agli standard minimi previsti dalla normativa nazionale e comunitaria».
Viceversa, il primo periodo della norma avrebbe per oggetto «le modalità di erogazione» delle prestazioni rese nell’ambito dei livelli essenziali di assistenza.
Con riguardo alla individuazione dei livelli essenziali di assistenza (art. 1 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, recante “Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell’articolo 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421” e art. 6 del decreto-legge 18 settembre 2001, n. 347 recante «Interventi urgenti in materia di spesa sanitaria, convertito in legge con modificazioni dalla legge 16 novembre 2001, n. 405») la Provincia di Trento afferma di essere titolare di competenza legislativa (e amministrativa) nella materia dell’assistenza sanitaria, in forza degli articoli 9, numero 10) e 16) dello statuto: in ragione dell’art. 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001, tale potestà normativa avrebbe assunto «carattere pieno», al pari della «competenza primaria» in materia di ordinamento degli uffici provinciali (art. 8, n. 1, dello statuto).
Ai sensi dell’art. 2 del d.P.R. n. 474 del 1975, aggiunge la ricorrente, nell’esercizio della potestà concernente il funzionamento e la gestione delle istituzioni e degli enti sanitari, le Province autonome «devono garantire l’erogazione di prestazioni di assistenza igienico-sanitaria ed ospedaliera non inferiori agli standard minimi previsti dalle normative nazionale e comunitaria».
Pertanto, «la forte incidenza della determinazione dei livelli essenziali sull’autonomia regionale e provinciale in materia sanitaria» avrebbe richiesto che, in luogo del «solo parere» della Conferenza Stato-Regioni e Province autonome richiesto dalla norma impugnata, fosse ribadita (art. 54, comma 3, del d.lgs. n. 502 del 1992) la necessità dell’intesa.
Tale intesa apparirebbe particolarmente dovuta nel caso della Provincia di Trento, che, in ragione dell’art. 34, comma 3, della legge 23 dicembre 1994, n. 724 (Misure di razionalizzazione della finanza pubblica), finanzia il servizio sanitario «senza alcun apporto a carico del bilancio dello Stato», e che, in caso contrario, si troverebbe a subire scelte statali gravide di conseguenze finanziarie, «senza neppure la possibilità di partecipare alla necessaria intesa».
In secondo luogo, la norma impugnata violerebbe, nella sua interezza, il principio di legalità sostanziale, giacché consentirebbe al regolamento ministeriale determinazioni prive di una base legale idonea a «circoscrivere il potere normativo secondario».
Con riguardo al primo periodo della norma impugnata, concernente le “modalità di erogazione” delle prestazioni, la Provincia ritiene che tali profili eccedano la competenza legislativa statale, venendo a incidere su scelte relative all’organizzazione del servizio sanitario, di spettanza regionale e provinciale.
Per tale ragione, sarebbe altresì illegittimo il ricorso alla fonte regolamentare statale.
Solo ove si ritenesse, conclude la ricorrente, che la norma impugnata non trovi applicazione nei confronti della Provincia, in forza della clausola di salvaguardia prevista dall’art. 1, comma 569, della legge impugnata (che rende salve le attribuzioni garantite dagli statuti speciali), la questione verrebbe a cadere in via interpretativa.
2. – A propria volta, con ricorso notificato il 28 febbraio 2005 e depositato il 3 marzo 2005 (reg. ric. n. 28 del 2005), la Regione Friuli-Venezia Giulia ha impugnato, tra l’altro, l’art. 1, comma 169, della legge n. 311 del 2004, proponendo, in termini analoghi, le medesime censure svolte dalla Provincia di Trento (e basate, quanto all’autonomia legislativa e amministrativa regionale in materia di assistenza sanitaria e organizzazione del relativo servizio, sugli articoli 5, numero 16) e 8), dello statuto).
3. – Si è costituito in entrambi i giudizi il Presidente del Consiglio dei ministri, a mezzo dell’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo il rigetto delle questioni con argomenti di analogo tenore.
Secondo l’Avvocatura, sia le tipologie di assistenza e i servizi (secondo periodo della norma impugnata), sia gli standard (primo periodo) attengono direttamente ai livelli essenziali di assistenza, la cui determinazione spetterebbe allo Stato, in forza dell’art. 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione.
Ove poi dovesse farsi applicazione della potestà legislativa garantita dagli statuti speciali delle due ricorrenti, anziché del predetto titolo di competenza legislativa statale, la prima sarebbe priva di carattere esclusivo, dovendo soggiacere, in materia di assistenza sanitaria ed ospedaliera, ai principi stabiliti dalla legge nazionale (mentre sarebbe incongruo il richiamo alla competenza primaria in tema di ordinamento degli uffici), anche con riguardo alle risorse finanziarie programmate per il servizio sanitario nazionale, alle quali i LEA e gli stessi standard debbono correlarsi, ai fini di un’uniforme applicazione sul territorio nazionale.
La «valenza prettamente tecnica» degli standard avrebbe suggerito di demandarne la determinazione “ad organi tecnici” «dopo avere fissato i parametri essenziali», ivi comprese le risorse disponibili.
Si sarebbe poi richiesto il solo parere della Conferenza, anziché l’intesa, per scongiurare, in caso di contrasto tra le parti, ritardi che nel settore sanitario (…) debbono essere evitati.
In ogni caso, la clausola di salvaguardia garantirebbe il rispetto dell’autonomia speciale.
4. – Nell’imminenza dell’udienza, la Regione Friuli-Venezia Giulia e la Provincia autonoma di Trento hanno depositato memorie di analogo tenore, insistendo per l’accoglimento dei rispettivi ricorsi.
Le ricorrenti replicano alle deduzioni svolte dall’Avvocatura dello Stato, ribadendo, anzitutto, che la norma impugnata reca una distinzione tra fissazione degli standard e determinazione dei livelli essenziali di assistenza insuperabile in sede esegetica, e tale, con riguardo agli standard, da erodere ogni spazio ulteriore di esercizio dell’autonomia regionale in materia di organizzazione sanitaria.
Inoltre, quanto al principio di legalità in senso sostanziale, le ricorrenti insistono nell’osservare che la legge è priva della necessaria «disciplina di base idonea a circoscrivere il potere regolamentare del Ministro»: la mera indicazione del tetto delle risorse finanziarie disponibili sarebbe insufficiente a tale scopo, giacché esso sarebbe un «elemento estrinseco, che limita ogni attività pubblica».
Infine, la previsione di un parere della Conferenza Stato-Regioni e Province autonome, in luogo dell’intesa, non potrebbe essere giustificata alla luce dell’eventualità che l’intesa non sia raggiunta, poiché l’ordinamento giuridico conosce le procedure per superare tale “stallo” (art. 3 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, recante “Definizione ed ampliamento delle attribuzioni della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano ed unificazione, per le materie ed i compiti di interesse comune delle regioni, delle province e dei comuni, con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali”).
La sola Provincia di Trento dà poi atto del sopraggiunto art. 1, commi 292 e 293, della legge 23 dicembre 2005, n. 266 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2006), che reintroduce l’intesa, in sede di determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni, con la finalità di incrementare l’offerta di prestazioni in regime ambulatoriale.
Secondo la ricorrente, tali disposizioni, in quanto limitate a siffatta finalità, e in quanto non estensibili alla determinazione degli standard, non determinerebbero la cessazione della materia del contendere.
In conclusione, entrambe le ricorrenti dichiarano di insistere perché la norma impugnata sia dichiarata costituzionalmente illegittima.
5. – A propria volta, nell’imminenza dell’udienza pubblica, la difesa dello Stato ha depositato memorie di analogo tenore, insistendo per il rigetto dei ricorsi.
Le argomentazioni ricalcano le deduzioni già svolte in sede di costituzione in giudizio.
Lo Stato richiama altresì, quale titolo della propria competenza legislativa, la materia del “coordinamento della finanza pubblica”, nell’esercizio della quale il mero parere della Conferenza Stato-Regioni e Province autonome sarebbe sufficiente strumento di leale collaborazione, anche alla luce del rilievo per cui l’atto regolamentare statale è adottato dal Ministro della salute, avvalendosi di una Commissione cui partecipano rappresentati designati dalle Regioni.
Si ribadisce, infine, che il carattere tecnico della materia impone il ricorso ad organi dotati delle necessarie competenze, e non già “di estrazione politica”.
Considerato in diritto
1. – Con distinti ricorsi di analogo tenore, la Provincia autonoma di Trento e la Regione Friuli-Venezia Giulia (quest’ultima unitamente ad altre disposizioni) hanno impugnato l’art. 1, comma 169, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2005»
La Provincia di Trento evoca a parametro costituzionale del giudizio gli articoli 8, numero 1), numero 9, numero 10) e numero 16), del d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670 (Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige); l’art. 117, commi quarto e sesto, della Costituzione, in relazione all’art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al Titolo V della parte seconda della Costituzione); il d.P.R. 28 marzo 1975, n. 474 (Norme di attuazione dello statuto per la regione Trentino-Alto Adige in materia di igiene e sanità), “con particolare riferimento all’art. 2”; l’art. 2 del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 266 (Norme di attuazione dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige concernenti il rapporto tra atti legislativi statali e leggi regionali e provinciali, nonché la potestà statale di indirizzo e coordinamento); i principi costituzionali di legalità sostanziale e di leale collaborazione.
La Regione Friuli-Venezia Giulia, richiama a propria volta, gli articoli 5), numero 16), e 8) della legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1 (Statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia) e l’art. 117, commi quarto e sesto, della Costituzione, in relazione all’art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001 n. 3, nonché i principi costituzionali di legalità sostanziale e di leale collaborazione.
2. – La Regione Friuli-Venezia Giulia ha impugnato anche altri commi dell’art. 1 della medesima legge n. 311 del 2004.
Per ragioni di disomogeneità delle materie coinvolte, le questioni di costituzionalità prospettate in relazione alle suddette disposizioni verranno trattate separatamente da quelle concernenti l’art. 1, comma 169, per essere definite con distinte decisioni di questa Corte.
3. – Considerata l’identità di materia, nonché la sostanziale analogia delle questioni prospettate dalle due ricorrenti in relazione al menzionato art. 1, comma 169, della legge n. 311 del 2004, i giudizi possono essere riuniti per essere decisi con unica sentenza.
4. – Le ricorrenti fondano le proprie censure su una distinzione tra primo e secondo periodo della norma impugnata.
Essa, nella parte in cui affida ad un regolamento del Ministro della salute la determinazione degli «standard qualitativi, strutturali, tecnologici, di processo e possibilmente di esito, e quantitativi, di cui ai livelli essenziali di assistenza» sanitaria esorbiterebbe dalla competenza statale in punto di individuazione dei LEA, per invadere invece la sfera di competenza provinciale in tema di «ordinamento degli uffici» e «igiene e sanità» ivi compresa l’assistenza sanitaria e ospedaliera (art. 8, numeri 1, 9 e 10 dello statuto della Regione Trentino-Alto Adige) e quella di competenza regionale in tema di «igiene e sanità, assistenza sanitaria ed ospedaliera» (art. 5, numero 16, dello statuto della Regione Friuli-Venezia Giulia).
La Provincia di Trento aggiunge che, mentre è pacifico il carattere primario della competenza legislativa in materia di ordinamento degli uffici, a propria volta la competenza concorrente in materia di igiene e sanità sarebbe divenuta “piena”, a seguito della riforma del Titolo V della Parte II della Costituzione, e per effetto dell’art. 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001.
5. – Quanto, poi, alla norma impugnata nel suo complesso, essa, anche nella parte concernente la fissazione dei livelli di assistenza in senso proprio (“tipologie di assistenza e servizi”), sarebbe costituzionalmente illegittima, poiché, in violazione del principio di leale collaborazione tra Stato e Regioni e Province autonome, vi si è previsto il solo parere della Conferenza permanente Stato-Regioni e Province autonome, anziché l’intesa, che è richiesta dall’art. 54 della legge n. 289 del 2002 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge finanziaria 2003).
In secondo luogo, la norma violerebbe altresì il principio di legalità sostanziale, giacché la fissazione dei livelli di assistenza e degli standard viene demandata ad un atto regolamentare, che sarebbe privo di idonea base legale: posto che tale determinazione “vincola l’autonomia legislativa ed amministrativa regionale in materia sanitaria”, essa dovrebbe viceversa basarsi «su una disciplina di rango legislativo».
6. – In via preliminare, va escluso che il denunciato conflitto con le competenze delle ricorrenti possa essere impedito dal comma 569 dell’articolo unico che compone la legge 30 dicembre 2004, n. 311, secondo il quale «le disposizioni della presente legge sono applicabili nelle Regioni a statuto speciale e nelle Province autonome di Trento e di Bolzano compatibilmente con le norme dei rispettivi statuti».
Infatti, non solo questa disposizione appare generica rispetto a norme del medesimo testo di legge che risultano formulate in termini inequivoci come riferite a tutte le Regioni (come questa Corte ha già rilevato nella sentenza n. 88 del 2006), ma, in via generale, la natura stessa dei cd. LEA, che riflettono tutele necessariamente uniformi del bene della salute, impone di riferirne la disciplina normativa anche ai soggetti ad autonomia speciale, che infatti hanno sempre partecipato agli atti di intesa in questa materia stipulati in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato e le Regioni.
7. – Occorre, inoltre, sempre in via preliminare, escludere che sia cessata la materia del contendere in conseguenza di alcune disposizioni inserite nella legge 23 dicembre 2005, n. 266 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2006); infatti, i commi 280, 292 e 293 dell’articolo unico che la compone si riferiscono, sotto diversi profili, all’art. 1, comma 169, della legge n. 311 del 2004, senza peraltro modificarlo sostanzialmente né per quanto si riferisce ai livelli essenziali di assistenza, né per quanto si riferisce agli standard ivi configurati.
Infatti, da una parte, il comma 280 subordina il concorso finanziario statale al «ripiano dei disavanzi del Servizio sanitario nazionale» (di cui al comma 279) al fatto che le Regioni conseguano, entro il 31 marzo 2006 in sede di Conferenza unificata, un’intesa sullo schema di Piano sanitario nazionale 2006-2008» ed un’intesa sulla «realizzazione da parte delle regioni degli interventi previsti dal piano nazionale di contenimento dei tempi di attesa». Inoltre, si prevede che, ove le Regioni non fissino i tempi di attesa, in questi territori «si applicano direttamente i parametri temporali determinati […] in sede di fissazione degli standard di cui all’art. 1, comma 169, della legge 30 dicembre 2004, n. 311» (comma 280, lettera b).
A sua volta, il comma 292 prevede che «il Ministero della salute promuove, attraverso le procedure di cui all’art. 54 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, e all’art. 1, comma 169, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, una rimodulazione delle prestazioni comprese nei livelli essenziali di assistenza finalizzata ad incrementare qualitativamente e quantitativamente l’offerta di prestazioni in regime ambulatoriale e, corrispondentemente, decrementare l’offerta di prestazioni in regime di ricovero ospedaliero» (ciò mentre lo stesso comma 292, alla lettera b, direttamente introduce un nuovo livello essenziale di assistenza integrativa).
Infine, il comma 293 stabilisce che – al fine di incrementare l’offerta di prestazioni in regime ambulatoriale e, corrispondentemente, decrementare l’offerta di prestazioni in regime di ricovero ospedaliero – con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, di intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, «sono individuati le tipologie di assistenza ed i servizi relativi alle aree di offerta del Piano sanitario nazionale. Quest’ultima disposizione, prevedendo la necessaria intesa solo agli specifici fini indicati, si sovrappone in parte a quanto previsto in generale nel penultimo periodo del comma 169 della legge n. 311 del 2004, ai sensi del quale «con la medesima procedura sono individuati le tipologie di assistenza e i servizi, relativi alle aree di offerta individuate dal vigente Piano sanitario nazionale».
Anche attraverso queste assai complesse innovazioni legislative resta pertanto immodificato il duplice e differenziato canale di determinazione, mediante atti non legislativi, dei livelli essenziali e dei cosiddetti standard, di cui al comma 169 dell’art. 1 della legge n. 311 del 2004. Resta quindi, per questa parte, immodificata la asserita lesione dell’autonomia regionale che ne deriverebbe e che viene lamentata nel presente giudizio, benché le censure restino circoscritte a quelle sole procedure, individuate dalla norma impugnata, che non siano state modificate in termini satisfattivi per le ricorrenti dal comma 293 della legge n. 266 del 2005.
8. – Nel merito, occorre anzitutto determinare quale sia il titolo di competenza legislativa di cui la disposizione impugnata è espressiva, dal momento che le ricorrenti fanno riferimento sia alle proprie competenze in materia sanitaria che trovano fondamento nei rispettivi statuti speciali e nelle norme di attuazione, sia all’art. 117 della Costituzione, sulla base di quanto previsto dall’art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione).
In primo luogo, è da considerare che la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni sanitarie interseca in modo significativo la sfera di competenza legislativa concorrente assegnata dagli statuti speciali alle due ricorrenti nella materia «igiene e sanità» (art. 5, numero 16, dello statuto della Regione Friuli-Venezia Giulia; art. 9, numero 10, dello statuto della Regione Trentino-Alto Adige), piuttosto che quella primaria relativa all’“ordinamento degli uffici” (art. 8, n. 1, dello statuto della Regione Trentino-Alto Adige), posto che questa ultima competenza appare recessiva, a fronte delle evidenti finalità di tutela della salute connesse alla disciplina legislativa in esame.
Per quanto riguarda la materia incisa dalle disposizioni impugnate, questa Corte ha affermato che la competenza legislativa concorrente concernente la “tutela della salute” (art. 117, terzo comma, della Costituzione) è «assai più ampia» rispetto alla precedente relativa all’“assistenza ospedaliera” (sentenza n. 270 del 2005) ed esprime «l’intento di una più netta distinzione fra la competenza regionale a legiferare in queste materie e la competenza statale, limitata alla determinazione dei principi fondamentali della disciplina» (sentenza n. 282 del 2002).
Quindi anche in riferimento alle attribuzioni proprie delle parti ricorrenti deve ritenersi che in questa materia l’applicazione dell’art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001 trovi fondamento nella maggiore estensione della “tutela della salute” rispetto alle corrispondenti competenze statutarie in materia sanitaria, di cui questa Corte ha in più occasioni sottolineato il carattere contenuto, atteso che esse non si risolvono «in una materia pienamente assimilabile agli altri settori di competenza regionale, sia per la particolare intensità dei limiti cui sono in tal campo sottoposte la legislazione e l’amministrazione delle Regioni, sia per le peculiari forme e modalità di finanziamento della relativa spesa pubblica» (sentenze n. 452 del 1989; n. 294 del 1986 e n. 245 del 1984).
La riconduzione delle attribuzioni dei soggetti ad autonomia speciale in materia sanitaria all’art. 117, terzo comma, della Costituzione, implica però – come postulato dalle stesse parti ricorrenti tramite il richiamo all’art. 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione – il contemporaneo assoggettamento delle stesse ai «limiti, espressi od impliciti, contenuti nel nuovo Titolo V» della Costituzione (sentenza n. 383 del 2005), ed, in particolare, all’esercizio della competenza esclusiva dello Stato in punto di determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali.
Va da sé che, muovendosi entro tali coordinate costituzionali, l’esito del presente giudizio non potrà che avere effetto per l’intero territorio nazionale.
9. – Va ora considerato il regime giuridico dei limiti che possono essere apposti, sulla base dell’art. 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione, all’autonomia delle Regioni in tema di tutela della salute. Questa Corte ha già avuto occasione di affermare che la rilevante compressione dell’autonomia regionale che consegue alla determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale, se «attribuisce al legislatore statale un fondamentale strumento per garantire il mantenimento di una adeguata uniformità di trattamento sul piano dei diritti di tutti i soggetti, pur in un sistema caratterizzato da un livello di autonomia regionale e locale decisamente accresciuto», esige «che queste scelte, almeno nelle loro linee generali, siano operate dallo Stato con legge, che dovrà inoltre determinare adeguate procedure e precisi atti formali per procedere alle specificazioni ed articolazioni ulteriori che si rendano necessarie» (sentenza n. 88 del 2003).
Nella medesima sentenza si rileva che l’art. 6 del decreto-legge 18 settembre 2001, n. 347 (Interventi urgenti in materia di spesa sanitaria), quale modificato dalla legge di conversione 16 novembre 2001, n. 405, ha disciplinato un apposito procedimento per la determinazione dei livelli essenziali, prevedendo un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro della salute di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, d’intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, e che su questa base è stato adottato il d.P.C.m. 29 novembre 2001. Successivamente l’art. 54 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, ha confermato questa procedura, specificando anche che le modifiche ai LEA individuati negli allegati del d.P.C.m. 29 novembre 2001 «sono definite con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, di intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano».
La disposizione impugnata conferma esplicitamente la disciplina dell’art. 54 della legge n. 289 del 2002 per la determinazione dei LEA, ma, «anche al fine di garantire che le modalità di erogazione delle stesse siano uniformi sul territorio nazionale», prevede che possano essere «fissati gli standard qualitativi, strutturali, tecnologici, di processo e possibilmente di esito, e quantitativi di cui ai livelli essenziali di assistenza» tramite una nuova procedura, che prevede un regolamento del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, «sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano».
Questa disposizione legislativa individua gli standard in termini tali da rendere evidente che si tratta di integrazioni e specificazioni sul versante attuativo dei LEA esistenti nel settore sanitario e che intenderebbero assicurare una migliore erogazione. Non può essere negata la possibilità del legislatore statale di giungere ad una più analitica ed effettiva tutela dei LEA, non è definibile, almeno in astratto, un livello di specificazione delle prestazioni che faccia venire meno il requisito della loro essenzialità, essendo questo tipo di valutazioni costituzionalmente affidato proprio al legislatore statale (che, in effetti, tramite alcune specifiche disposizioni legislative, ha anche proceduto a definire direttamente alcune prestazioni come livelli essenziali).
Non può pertanto dubitarsi che anche la fissazione degli standard costituisca esercizio della competenza assegnata allo Stato dall’art. 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione.
Se la individuazione degli standard – la quale determina indubbiamente una compressione dell’autonomia legislativa ed amministrativa delle Regioni garantita dal Titolo V della Costituzione – non può trovare legittimazione costituzionale che nella già richiamata lettera m) del secondo comma dell’art. 117 della Costituzione, la relativa disciplina deve essere omogenea a quella prevista espressamente per i LEA, ove si ipotizzi, come nel caso del comma 169 della legge n. 311 del 2004, che la loro adozione avvenga tramite una procedura non legislativa .
Nella valutazione di questa procedura non assume rilevanza l’attribuzione del relativo potere normativo ad un regolamento ministeriale (d’altronde lo stesso decreto del Presidente del Consiglio ha anch’esso analoga natura), dal momento che, operandosi nell’ambito di una materia di competenza esclusiva statale, la potestà normativa secondaria spetta allo Stato, ai sensi dell’art. 117, sesto comma, della Costituzione.
Ciò che, invece, rileva è la ingiustificata riduzione delle modalità di coinvolgimento in questo procedimento delle Regioni (la mera richiesta di un parere alla Conferenza unificata), rispetto a quanto ribadito – tramite il rinvio all’intero testo dell’art. 54 della legge n. 289 del 2002 (ivi inclusa la procedura su “intesa” in sede di Conferenza unificata, disciplinata dal comma 3 di tale disposizione) – nello stesso comma 169 per la modificazione dei LEA in riferimento a standard che apporterebbero limitazioni di norma ancora più incisive all’autonomia regionale, in quanto connesse alla fase di concretizzazione dei LEA; se anche la determinazione degli standard trova giustificazione costituzionale nella lettera m) del secondo comma dell’art. 117 Cost., non può evidentemente ipotizzarsi che venga meno per essi proprio la più incisiva forma di leale collaborazione fra Stato e Regioni prevista dalla legislazione vigente per la determinazione dei LEA mediante procedure non legislative.
Né può sottacersi il paradosso che sarebbe costituito dall’esistenza di due diverse modalità di coinvolgimento delle Regioni rispetto a fenomeni tra loro profondamente contermini, come la determinazione dei LEA e la determinazione di quei particolari LEA che sarebbero costituiti dagli standard specificativi od attuativi dei primi.
Va pertanto dichiarata la illegittimità costituzionale dell’art. 1, comma 169, della legge n. 311 del 2004, nella parte in cui prevede che il regolamento del Ministro della salute che determina gli standard sia adottato “sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano”, anziché “previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano”.
10. – Analogamente va dichiarata la illegittimità costituzionale dell’art. 1, comma 169, della legge n. 311 del 2004, nella parte in cui prevede che il regolamento del Ministro della salute che individua le tipologie di assistenza e i servizi del Piano sanitario nazionale per fini diversi da quelli di cui al comma 293 della legge n. 266 del 2005, sia adottato “sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano”, anziché “previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano”.
Infatti, la determinazione delle tipologie di assistenza e dei servizi, relativi alle aree di offerta individuate dal Piano sanitario nazionale, costituisce una fase della individuazione in via non legislativa dei LEA e quindi non appare giustificabile una diversità di partecipazione delle Regioni nel relativo procedimento di specificazione.
11. – Infondata è, invece, anche a volerla considerare ammissibile (sentenza n. 31 del 2001), la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 169, della legge n. 311 del 2004, sollevata da entrambe le ricorrenti per violazione del principio di legalità sostanziale, dal momento che la legge non detterebbe «alcuna disciplina di base idonea a circoscrivere il potere normativo secondario».
Proprio la richiamata sentenza n. 88 del 2003 ha messo, infatti, in luce che già la prima legislazione in tema di «livelli essenziali di assistenza» nel settore sanitario e precedente alla adozione del nuovo Titolo V, contenuta nel d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 502, conteneva alcuni, ancorché generali, criteri per la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni sanitarie, pur rinviandone la specificazione al Piano sanitario nazionale. Le modifiche successive hanno, da una parte, determinato la procedura da seguire per la determinazione in via amministrativa dei LEA, ma, dall’altra, hanno mantenuto i principi precedenti ed il ruolo di quadro generale di riferimento del Piano sanitario nazionale.
Alla luce di ciò, la determinazione degli standard e dei LEA è delimitata dai principi generali del d.lgs. n. 502 del 1992 e dalle determinazioni del Piano sanitario nazionale, mentre sul piano procedurale resta prevista in ogni caso, anche per effetto dell’odierna pronuncia, l’intesa in sede di Conferenza permanente. Tenendo presente che si opera nell’ambito di una materia altamente tecnica come quella della individuazione delle prestazioni relative all’assistenza sanitaria, le pur limitate predeterminazioni legislative di criteri e di limiti al potere normativo secondario appaiono sufficienti per escludere il vizio denunciato.
Per Questi Motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
riservata a separate pronunce la decisione delle altre questioni di legittimità costituzionale sollevate, nei confronti dell’articolo 1 della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato –legge finanziaria 2005) dalla Regione Friuli-Venezia Giulia;
riuniti i giudizi,
dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 1, comma 169, della predetta legge 30 dicembre 2004, n. 311, nella parte in cui prevede che il regolamento del Ministro della salute ivi contemplato, con cui sono fissati gli standard e sono individuate le tipologie di assistenza e i servizi, sia adottato “sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano”, anziché “previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano”;
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 169, della legge n. 311 del 2004, sollevata dalla Regione Friuli-Venezia-Giulia e dalla Provincia autonoma di Trento per violazione del principio di legalità sostanziale.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 23 marzo 2006.
F.to:
Annibale MARINI, Presidente
Ugo DE SIERVO, Redattore
Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 31 marzo 2006.
Il Direttore della Cancelleria
F.to: DI PAOLA
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