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Marzo 2018

Non è configurabile violazione del Ne bis in idem tra processo tributario e penale

La recente pronuncia della Cassazione va ad uniformarsi, mettendosi in linea, con la giurisprudenza della CEDU sul tema molto discusso della doppia punibilità amministrativo-penale dell’infrazione fiscale.

Ne bis in idem è una locuzione latina che tradotta alla lettera significa «non due volte per la medesima cosa».

Si tratta di un brocardo latino che esprime un principio del diritto in forza del quale un giudice non può esprimersi due volte sulla stessa questione, se si è già formata la cosa giudicata. In materia penale comporta che un accusato non può essere giudicato due volte per lo stesso reato.

Su tale principio è caduta l’attenzione della Corte che, nella sentenza odierna,  sembrerebbe affermare una restrizione di tale inviolabile principio in riferimento alla materia tributaria.

In particolare, in caso di connessione temporale e sostanziale del procedimento amministrativo e di quello penale sufficientemente stretta che sia in grado di dar luogo ad un sistema integrato che consenta di affrontare diversi aspetti dell’illecito in maniera “prevedibile” e  “proporzionale” tale restrizione opererebbe.

Dunque afferma, la Corte di Cassazione, nella sentenza (Cassazione Sez. III penale, sentenza del 14 febbraio 2018 num. 6993) che non sarebbe configurabile la violazione del principio del Ne bis in idem laddove vi sia la contemporanea instaurazione di un procedimento amministrativo e di uno penale per la stessa questione.

Non sarebbe Dunque integrata violazione del principio del Ne bis in idem per la diversità di fini perseguiti dai processi, rilevando dunque come discrimen il principio,  elaborato in giurisprudenza, del cosiddetto criterio della “connessione sostanziale temporale sufficientemente stretta”. Tale principio varrebbe ad escludere il divieto di doppia punibilità poiché si sarebbe instaurato un cosiddetto «“sistema integrato” che permetterebbe di affrontare due aspetti diversi dell’illecito in maniera prevedibile e proporzionale».

In questo contesto – che rende paradossalmente imprevedibile la stessa applicazione del divieto di ne bis in idem nonostante la Corte di Giustizia Europea valorizzi la prevedibilità in sede di valutazione della connessione – un’importante chiave di lettura proviene dalla successiva sentenza Johannesson (18 maggio 2017, ric. 22007/11), in cui la Corte sottolinea, in senso ostativo all’eccezione della connessione, la tendenziale indipendenza nella raccolta e valutazione delle prove nei due procedimenti e la circostanza che la condanna penale fosse intervenuta ben cinque anni dopo la conclusione del processo amministrativo, e ciononostante la rinvenuta sussistenza degli elementi materiali delle finalità complementari delle sanzioni applicate e della prevedibilità del doppio procedimento.

Così stando le cose, sembra che l’applicazione del criterio temporale alla concreta realtà dei processi penali italiani – in uno con l’implicito riconoscimento che la Corte fa in ordine alla necessaria compresenza di tutti i fattori materiali da essa individuati – confermi la difficile applicabilità dell’eccezione della stretta connessione nell’ordinamento sanzionatorio tributario italiano.

I giudici di Strasburgo hanno infatti ritenuto che nulla vieti, in linea di principio, la previsione di un sistema sanzionatorio articolato in diverse fasi o procedure, anche dinanzi ad autorità diverse, che prevedano la punibilità con differenti misure afflittive di un unico illecito, purché sussista tra i diversi procedimenti una “connessione sostanziale e temporale sufficientemente stretta”, da verificare sulla base dei seguenti “fattori materiali”:

  • la diversa finalità perseguita dalla sanzione amministrativa e penale;
  • la prevedibilità di un procedimento cumulativo a fronte della medesima condotta;
  • lo svolgimento coordinato dei procedimenti, tale da evitare quanto più possibile la duplicazione dell’attività istruttoria di raccolta e valutazione delle prove;
  • l’applicazione delle sanzioni in modo che, nella determinazione di quella successiva, si tenga conto dell’entità di quella irrogata per prima, sì da garantire una proporzionalità complessiva della pena.

Questi fattori non sembrano, però,  trovare piena corrispondenza nell’ordinamento sanzionatorio tributario italiano.

 

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Leggi la sentenza n.6693 del 2018 

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