Con l’istanza in autotutela il cittadino – contribuente può chiedere ad una pubblica amministrazione (ivi compresa l’amministrazione finanziaria) il riesame di un atto che ritiene sia da correggere o annullare.
Secondo la vigente normativa in materia di pubbliche amministrazioni, infatti, attraverso una istanza, ogni cittadino può ottenere velocemente l’annullamento o la rettifica di un atto.
La possibilità di ricorrere all’istanza in autotutela coinvolge una disparata gamma di atti, emessi dalle pubbliche amministrazioni come ad esempio gli avvisi, i verbali, le cartella esattoriali, ecc. L’istituto in argomento consente al cittadino di rivolgere la propria richiesta al fine di ottenere soddisfazione della propria pretesa, direttamente dalla P.A. senza dover ricorrere al giudice.
L’autotutela dunque, costituisce un’eccezione al principio enunciato dall’articolo 2907 del codice civile secondo cui la tutela dei diritti è affidata all’attività giurisdizionale.
L’autotutela, in luogo del ricorso giurisdizionale, è, quindi, opportuna nel caso di vizi palesi dell’atto. Altrimenti, è consigliabile presentare un ricorso innanzi all’autorità giudiziaria competente per evitare il decorso dei termini ed il conseguente cristallizzarsi della situazione.
La competenza ad effettuare la correzione è generalmente dello stesso Ufficio che ha emanato l’atto. L’autotutela amministrativa infatti può essere definita come quel complesso di attività con cui ogni pubblica amministrazione risolve i conflitti potenziali ed attuali, relativi ai suoi provvedimenti o alle sue pretese (un atto illegittimo può essere annullato “d’ufficio”, in via del tutto autonoma, oppure su richiesta del cittadino). Il suo fondamento si rinviene pertanto nella potestà generale che l’ordinamento riconosce ad ogni pubblica amministrazione di intervenire unilateralmente su ogni questione di propria competenza (ed è per questo che la si considera espressione del più generale concetto di autarchia).
L’annullamento dell’atto illegittimo comporta automaticamente l’annullamento degli atti ad esso consequenziali (ad esempio, il ritiro di un avviso di accertamento infondato comporta l’annullamento della conseguente iscrizione a ruolo e delle relative cartelle di pagamento) e l’obbligo di restituzione delle somme riscosse sulla base degli atti annullati.