E’ soprattutto il tema degli orari quello che mette in difficoltà i lavoratori in smart working.
Il problema è quello della tendenza ad essere sempre a lavoro concludendo la giornata lavorativa molte ore dopo l’orario previsto, per la fine del lavoro, da quando si sono diffuse le modalità di telelavoro e smart working.
l lavoratore in smart working oggi corre seri rischi da un lato di fare ore di straordinario che non gli vengono pagate, dall’altro di subire gravi danni alla salute a causa del limitato riposo e delle continue interruzioni dello stesso per rispondere a chiamate di lavoro.
La richiesta del Parlamento europeo è che i datori di lavoro con dipendenti in smart working non possano chiedere ai lavoratori di essere disponibili anche fuori dall’orario di lavoro e che gli stessi lavoratori evitino di contattare i colleghi quando non siano disponibili.
L’altra faccia della medaglia è che sia garantito ai lavoratori in smart working che facciano valere il loro diritto alla disconnessione, di non subire delle conseguenze. Dovrebbe inoltre essere messo in campo un sistema per attivare in modo rapido le segnalazioni e le lamentele in caso di violazioni delle norme. Evidentemente un sistema che preveda il diritto alla disconnessione in smart working se non accompagnato da sanzioni o procedure rapide ed efficaci per segnalarlo sarebbe del tutto inefficace lasciando spazio a ricatti e minacce di ritorsioni.
Spesso si sottovaluta anche tutto il tempo che viene dedicato alla formazione, che se prima si faceva in apposite aule e quindi era facilmente conteggiabile oggi spesso si fa solo on line nei ritagli di tempo. Formazione e corsi di aggiornamento, secondo il Parlamento europeo, dovrebbero per i lavoratori in smart working, così come lo sono già per i lavoratori classici, far parte integrante dell’orario lavorativo: retribuito e scontato dalle ore settimanali previste a contratto.
Un passaggio ineludibile è quindi il riconoscimento del diritto alla disconnessione come diritto fondamentale, “parte inseparabile dei nuovi modelli di lavoro della nuova era digitale.”
Il Parlamento chiede quindi una legge europea, incaricando la Commissione di elaborare una direttiva sul diritto alla disconnessione, che tenga conto delle misure individuate dalle parti sociali, per stabilire i requisiti minimi del lavoro a distanza.
Compito del nuovo quadro legislativo sarà quello di:
individuare chiaramente le condizioni di lavoro, tra cui la fornitura, l’utilizzo e la responsabilità delle attrezzature,garantire che il telelavoro sia frutto di una scelta volontaria, assicurare che i diritti, il carico di lavoro e le norme sulla prestazione dei telelavoratori siano equivalenti a quelli degli altri lavoratori.
In armonia con le leggi europee vigenti in materia di lavoro, la nuova direttiva dovrà assicurare il rispetto del diritto alle ferie retribuite (direttive 2003/88/CE), l’equilibrio tra vita lavorativa e familiare per i genitori e coloro che prestano assistenza alle persone fragili (2019/1158), la salute e la sicurezza dei lavoratori (direttiva 89/391/CEE ) con particolare riferimento alle ore lavorative massime e ai periodi di riposo minimi.
Cos’è il diritto alla disconnessione dei lavoratori?
Il diritto di disconnessione si riferisce in breve al diritto di dipendenti di disconnettersi dal lavoro e di non ricevere o rispondere a qualsiasi e-mail, chiamata, o messaggio al di fuori del normale orario di lavoro.
Nei luoghi di lavoro possono crearsi aspettative implicite o esplicite riguardo al controllo delle e-mail a casa e durante la notte, come così come durante i fine settimana e le vacanze, soprattutto da parte di manager e supervisori. Questo collegamento costante e la conseguente mancanza di riposo porta con sé importanti rischi psicosociali per i dipendenti, compresa l’ansia, la depressione e il burnout.
Il diritto alla disconnessione è stato pensato per stabilire dei confini marcati alle comunicazioni dopo l’orario di lavoro e per fornire ai dipendenti il diritto di non impegnarsi in alcuna attività lavorativa una volta a casa. Esso riguarda non solo il diritto di scollegarsi, ma anche quello di non essere rimproverati per non essersi connessi (o, al contrario, premiati per essere rimasti collegati quando si sarebbe potuto non farlo).
A tutela del lavoratore che svolge l’attività in modalità agile, il DDL di conversione del decreto-legge n. 30 del 2021 riconosce il diritto alla disconnessione dalle strumentazioni tecnologiche e dalle piattaforme informatiche in favore dei lavoratori che svolgono l’attività lavorativa in modalità agile.
Tale diritto è riconosciuto nel rispetto degli eventuali accordi sottoscritti dalle parti e fatti salvi eventuali periodi di reperibilità concordati.
L’esercizio del diritto alla disconnessione, necessario per tutelare i tempi di riposo e la salute del lavoratore, non può avere ripercussioni sul rapporto di lavoro o sui trattamenti retributivi.
Per il pubblico impiego, la disciplina degli istituti del lavoro agile stabilita dai contratti collettivi nazionali.
La Corte di Cassazione già negli anni scorsi si è occupata del diritto alla disconnessione ribadendo che esiste e che spetta a tutti i lavoratori. Con l’ordinanza 7410 del 2018 la suprema corte ha deciso che
nessuno fuori dall’orario di servizio è obbligato a controllare sulla posta elettronica o sul telefono cellulare eventuali comunicazioni di lavoro, né può essere attribuita al lavoratore alcuna responsabilità circa la mancata osservazione di disposizioni impartite fuori dall’orario di lavoro anche se impartite con tecnologie avanzate.
Pertanto l’ordinamento riconosce al lavoratore che svolge l’attività in modalità agile il diritto alla disconnessione delle strumentazioni tecnologiche e dalle piattaforme informatiche, nel rispetto degli eventuali accordi sottoscritti dalle parti e fatti salvi eventuali periodo di reperibilità concordati.
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