Sono passati 71 anni dalla dichiarazione universale dei diritti dell’uomo siglata il 10 dicembre del 1948 e, nonostante l’ampio l’asso temporale, oggi come non mai il tema dei diritti umani rimane attuale.
La globalizzazione ed i nuovi fenomeni migratori portano alla luce il rischio di dimenticare la tutela e la dignità della persona umana nonostante l’assenza di discriminazioni trovi una espressa previsione legislativa.
Dal momento che la dichiarazione dei diritti dell’uomo ha assunto carattere obbligatorio attraverso i trattati che sono stati adottati e ratificati dai singoli stati nazionali, ha la stessa forza cogente della legge entro i confini nazionali.
La Dichiarazione del 10.12.1948, votata con la risoluzione dell’Assemblea delle Nazioni Unite n. 217A, ha costituito la base per l’adozione dei due Patti sui Diritti Umani del 1966, entrambi accordi internazionali, vincolanti per le parti che hanno aderito.
La dichiarazione universale dei diritti dell’uomo a seguito di una risoluzione del Consiglio dei diritti umani, organo delle Nazioni Unite, viene periodicamente sottoposta ad una revisione al fine di renderla maggiormente aderente al cambiamento dei tempi e meglio attualizzabile ed applicabile nei singoli stati membri.
In particolare ne è stata sottolineata la valenza orizzontale che si estende a quasi tutti gli stati che compongono la comunità internazionale (139 paesi), fatta eccezione per quei pochi che non l’hanno ratificata.
Ha altresì un’efficacia di tipo verticale anche detta efficacia diacronica la quale sottolinea che: l’adesione a tale dichiarazione obbliga gli stati in ogni tempo sia per le generazioni presenti sia per le generazioni future.
Un obbligo, quello delle generazioni attuali, di consegnare il pianeta alle generazioni future: il passaggio di un ideale testimone.
Secondo la dichiarazione andrebbe instaurato e mantenuto uno status di cose tale da garantite stabilmente la pace, l’ordine sociale, la protezione dell’ambiente e la tutela delle risorse del pianeta.
Inoltre è stato affermato che ogni singolo individuo ha pieno diritto soggettivo erga omnes, a veder realizzati i diritti e le libertà enunciati della dichiarazione.
Alla luce di quanto detto, risulta dunque preoccupante che negli ultimi anni un numero sempre maggiore di Stati abbia deciso di non partecipare alla cooperazione multilaterale, in alcuni casi rinunciando finanche a sedersi ai tavoli di trattativa e cooperazione.
Se confrontiamo il clima di speranza e di fiducia nel futuro, che accompagnò la Dichiarazione Universale Dei Diritti Dell’uomo del 1948, con le celebrazioni e le analisi che si svolgono oggi, nel 71° anniversario dell’evento, registriamo un doloroso distacco, una sorta di disillusione, maturate negli ultimi anni, che sarebbe bene cercare di arginare.
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