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Novembre 2018

Interrogato alla stazione di polizia – Ho bisogno di un avvocato?

La polizia generalmente conduce una persona nella vicina stazione di polizia, per porre delle domande se reputa che abbia assistito o sia coinvolta in un crimine, non è però un obbligo usare questi luoghi. Possono infatti essere rese delle dichiarazioni sul posto, nell’immediatezza dei fatti.

Gli agenti, a seconda delle circostanze, possono dunque porti delle domande ovunque tu sia e nella iniziale indeterminazione dei rispettivi ruoli (indagati o testimoni) è inevitabile che gli atti della polizia si presentino come particolarmente vulnerabili sotto il profilo delle garanzie difensive.

Va ricordato che se la “persona informata” rende false dichiarazioni dinanzi alla polizia giudiziaria, in assenza di una fattispecie incriminatrice ad hoc, si ritiene applicabile il delitto di favoreggiamento personale nei limiti in cui ne risultino integrati gli estremi del reato.

 

Sospettato o no?

Quando la polizia pone domande ad una persona, di solito gli viene chiesto di recarsi nei vicini uffici di polizia, per rendere le dichiarazioni o affinché gli vengano poste delle domande su determinate questioni. Dunque le domande potrebbero non giustificare la necessità di un avvocato, in alcuni casi.

In altri invece, la polizia giudiziaria può però informare la persona chiamata che lui (o lei) sia sospettata e che sarà oggetto di indagini.

Il soggetto indagato deve, quindi, assumere un avvocato affinché lo accompagni all’interrogatorio per proteggere propri i diritti, soprattutto nelle ipotesi in cui sia sospettato del reato o se le domande possono collocarlo sulla scena di un crimine anche come collaboratore che ha favorito il reato commesso da un altro.

 

Fermo, custodia e interrogatorio

Ci sono alcuni testimoni che sono a disagio nel rendere dichiarazioni o rispondere alle domande e questo dipende da molti fattori. Per esempio dalla presenza di elementi che possano essere visti come un coinvolgimento diretto che possano avere un possibile impatto sulla reputazione del soggetto. Se la persona è un sospettato o è vicino ad ambienti criminali, sono alte le probabilità che sia sentito e che possa emergere una sua responsabilità.

Altre situazioni che possono verificarsi nelle ipotesi di reato prevedono una detenzione temporanea (che viene tecnicamente definita come “fermo” o “custodia cautelare” con delle differenze tra i due).

Durante il fermo, il sospettato potrebbe dover rispondere a domande o fornire ulteriori informazioni sui fatti in questione. Le forze dell’ordine hanno il potere di porgli domande e questo potrebbe anche portare a una detenzione temporanea definita “fermo”. In alcuni casi, il fermo viene convalidato e può tradursi in custodia cautelare. Dopo il processo, nelle ipotesi di condanna, la custodia diviene vera e propria detenzione in carcere.

lo capiscono tutti essendo intuitivo, che nell’immediatezza di un fatto è difficile, nella confusione, che gli agenti intervenuti sul luogo dipanino subito il bandolo delle responsabilità.

 

Ricordiamo però che mentre un indagato ha il diritto di mentire; un testimone ha l’obbligo di dire la verità (per non incorrere in reati come la falsa testimonianza o il favoreggiamento). Ma soprattutto la persona sottoposta ad indagini non può essere ascoltata dalla polizia senza la presenza di un avvocato difensore, a garanzia della corretta procedura.

La Cassazione con la sentenza 10 luglio 2015, n. 29799 afferma che se le dichiarazioni non possono essere considerate spontanee, ma bensì acquisite ai sensi e per gli effetti dell’art. 350 c.p.p., senza però il rispetto degli obblighi posti a garanzia e tutela dell’indagato non sarebbero di per sé utilizzabili in eventuale accertamento dibattimentale; salvo, naturalmente, che si tratti domande volte ad ottenere precisazioni su fatti spontaneamente dichiarati.

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