La questione della colpa professionale assume dei contorni peculiari nei confronti del medico assistente in formazione, c.d. specializzando il quale, secondo la Cassazione “non è mero esecutore” di quanto impartito dal medico docente-tutore ma piuttosto un soggetto dotato di autonomia, seppur vincolata, nello svolgimento delle attività medico-chirurgiche di cui è stato incaricato.
Il riconoscimento di tale autonomia nello svolgimento dell’attività del medico che sta compiendo la specializzazione ha dei risvolti importanti sotto il profilo della colpa.
1) La Suprema Corte parla infatti di “colpa per assunzione” precisando che il medico specializzando deve rifiutare compiti ed interventi che egli reputi al di sopra delle proprie possibilità e competenze e che non è in grado di compiere a regola d’arte.
Di certo il giudice nel valutare la colpa dovrà gradarla valutando il punto in cui si trova l’iter formativo del medico, fermo restando che egli risponderà dei danni e delle lesioni cagionate a titolo di colpa per assunzione.
La disciplina della formazione dei medici specialisti è contenuta nel D.Lgs. 368/1999, il cui art. 20, co. 1, lett. e) prevede che l’ottenimento del diploma di medico chirurgo specialista è subordinato tra l’altro, alla “partecipazione personale del medico chirurgo candidato alla specializzazione, alle attività e responsabilità proprie della disciplina”.
Soffermandosi su tale premessa la Cassazione afferma che il medico specializzando non è un mero spettatore esterno, estraneo alla comunità ospedaliera; egli, infatti, partecipa alle attività della struttura nella quale si svolge la sua formazione ed è dunque titolare di una posizione di garanzia nei confronti del paziente con particolare riferimento a tutte le attività che egli svolge personalmente. Il medico docente-tutore, invece, impartisce le direttive e deve verificarne i risultati (Cass. Pen. Sez. IV, 08/32424; 10/6215).
2) Il dovere di diligenza impone, dunque, al soggetto specializzando un obbligo di astensione da una determinata azione, perché porla in essere comporterebbe un rischio elevato di realizzazione di un reato colposo, sulla base della considerazione che il soggetto non è sufficientemente esperto per espletare prestazioni o attività che richiedano particolari cognizioni tecniche, dal momento che su di lui grava l’obbligo di rispettare le leges artis (quant’anche dallo stesso non ancora fatte proprie).
3) La Cassazione ha precisato, poi, che nel caso in cui lo specializzando causi danni e lesioni non sarà esente dal rispondere personalmente per la semplice passiva “acquiescenza alla direttiva data ove non si appalesi appropriata”. Graverà sul giovane specializzando l’obbligo di astenersi dall’operare direttamente altresì in tutti quei casi in cui egli sia in disaccordo con il trattamento che il medico docente-tutore gli ordina di somministrare ed in tutti quei casi in cui egli reputi che la direttiva che gli sia stata impartita sia sbagliata o possa cagionare un peggioramento o un rischio per la salute del paziente. La responsabilità del medico, a detta della Cassazione, non può che configurarsi nel quadro della colpa grave ex art 2226 cc, la quale si ha nei casi di errore inescusabile e trova fondamento nell’assenza di applicazioni delle competenze fondamentali della professione medica, ovvero in indici di inabilità o imperizia nell’uso di mezzi operatori che il chirurgo deve padroneggiare.
4) Il primario cui lo specializzando è affidato risponderà a sua volta per le colpe a lui imputabili come ad esempio nei casi in cui sì allontani dall’operazione venendo meno agli obblighi di diretta partecipazione (Cass. Pen., sez. IV, 07/21594). La nuova normativa ha infatti confermato che la partecipazione attiva deve riguardare la totalità delle attività mediche, ma ha accentuato il potere-dovere di controllo del tutore. In diverse occasioni la giurisprudenza ha ribadito come la partecipazione dello specializzando all’attività operatoria di cui all’art. 38 D.Lgs. n. 368/1999, sebbene si svolga sotto le direttive del docente, non esclude l’assunzione di responsabilità diretta da parte dello stesso specializzando, il quale diviene titolare, nei confronti del paziente, di una posizione di garanzia, sia pure condivisa con quella rivestita da chi impartisce le direttive, secondo i rispettivi ambiti di competenza, pertinenza ed incidenza.