Ascoltare il minore cercando di comprendere quelli che sono i suoi bisogni e le sue inclinazioni personali è un dovere imposto dalla costituzione ai genitori.
L’eventuale litigiosità dei coniugi in corso di separazione non deve, dunque, inficiare tale obbligo genitoriale.
Il genitore incapace di comprendere le esigenze del figlio rischia la condanna a pagare le spese processuali in quanto il ricorso di un giudice per l’ascolto del minore deve essere esclusivamente l’extrema ratio cui ricorrere.
La sentenza prende spunto da un caso nel quale a causa di una vacanza studio in Australia la madre negava il consenso ed il padre invece voleva concederla alla figlia e per dirimere il dissidio è stato fatto ricorso al giudice che ha sentito la minore e la ha autorizzata alla partenza.
Il diritto dei minori ad essere ascoltati in tutti i procedimenti che li riguardino è doveroso è imprescindibile. Tuttavia il ricorso al giudice e all’ascolto del minore deve ritenersi esclusivamente secondario perché spetta In primo luogo ai genitori il compito di ascoltare quelle che sono le istanze dei figli e ciò in tutta evidenza non porterebbe a far ricorso all’autorità giudiziaria.
Il giudice nella propria sentenza osserva che in questo caso la madre avrebbe dovuto prendere atto della volontà della minore nei momenti in cui la stessa aveva già in precedenza espresso il proprio chiaro pensiero, che potrà essere valutato anche in riferimento ai profili della genitorialità.
La rilevanza dell’ascolto del minore: obbligatorietà e capacità di discernimento.
Ascoltare i minori non rappresenta solamente un preciso onere in ambito giudiziario: in caso di contrasto genitoriale su scelte e questioni riguardanti i figli, è dovere primario dei genitori, onde evitare l’insorgenza di inutili conflitti giudiziari, quello di ascoltarli prendendo atto delle loro specifiche volontà. È passibile di censura, anche ai fini della valutazione della capacità genitoriale, il comportamento del genitore che abbia ignorato irragionevolmente le intenzioni manifestategli chiaramente dal fanciullo e costretto l’altro genitore ad adire l’autorità giudiziaria, qualora il giudice accerti, all’esito della sua audizione, che la sua volontà era già stata espressa in modo univoco in ambito familiare e riconfermata in sede processuale, e che si sarebbe potuto evitare la proposizione di procedimenti giudiziari privi di utilità o, comunque, necessità.
Il giudice, nel suo prudente apprezzamento e previa adeguata valutazione delle circostanze del caso concreto, può procedere alla nomina di un curatore speciale (art. 78, c.p.c.): il minore infrasedicenne, nella vicenda sostanziale e processuale che lo riguarda, costituisce un centro autonomo di imputazione giuridica, essendo implicati nel procedimento suoi rilevanti diritti e interessi, in primo luogo quello all’accertamento del rapporto genitoriale con tutte le implicazioni connesse, con la conseguenza che, se di regola la sua rappresentanza sostanziale e processuale è affidata al genitore che ha effettuato il riconoscimento, qualora si prospettino situazioni di conflitto d’interessi, anche in via potenziale, spetta al giudice procedere alla nomina di un curatore speciale, su richiesta del p.m., di qualunque parte che vi abbia interesse o anche di ufficio.
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