Il debitore che voglia opporsi ad un decreto ingiuntivo può procedere ad una formale opposizione da proporsi entro il termine perentorio indicato nello stesso decreto ingiuntivo (normalmente 40 giorni).
Le ragioni per opporsi ad un decreto ingiuntivo possono essere diverse e con l’aiuto di un professionista è possibile farle valere in giudizio. Esse possono essere: l’inesistenza del credito, l’inesigibilità dello stesso, il decorso del tempo che ha prescritto il credito oppure vizi di tipo formale dell’atto stesso ecc..
In ogni caso, il giudizio che si apre a seguito di opposizione a decreto ingiuntivo ha luogo sulla base delle norme del procedimento ordinario.
Il procedimento di ingiunzione è un procedimento speciale civile disciplinato dagli artt. 633 sgg. del Codice di procedura civile italiano.
La dottrina (ed in particolare Giuseppe Chiovenda) qualifica il procedimento di ingiunzione quale accertamento con prevalente funzione esecutiva, giacché esso mira appunto ad assicurare la rapida formazione del titolo esecutivo.
Il procedimento si articola in due fasi
Una prima fase, svolta senza contraddittorio (inaudita altera parte) in cui il creditore, previo deposito di ricorso presso la cancelleria del giudice competente ex art. 637 c.p.c., chiede l’emissione di un decreto ingiuntivo allegando una prova scritta a sostegno delle proprie ragioni. Se il ricorso è fondato, il giudice emana il decreto ai sensi dell’art. 641 c.p.c. concedendo al debitore ingiunto un termine di 40 giorni per opporsi al decreto e instaurare un giudizio a contraddittorio pieno; caso contrario, decorso inutilmente il termine, il decreto si consolida e acquista efficacia esecutiva
Una seconda, eventuale, fase di opposizione (art. 645 c.p.c.) in cui si instaura un giudizio di cognizione a contraddittorio pieno, destinata a concludersi con una sentenza che conferma o revoca il decreto ingiuntivo, soggetta a sua volta ai normali mezzi impugnatori.
Le caratteristiche del credito ai fini dell’emissione del decreto ingiuntivo
Il credito, ai fini dell’emissione dell’ingiunzione di pagamento deve avere alcune caratteristiche precise:
Deve essere liquido. L’importo deve cioè poter essere quantificato in modo rapido e preciso.
Non può essere inesigibile. Il creditore deve essere legittimato alla riscossione del credito prima della scadenza dei termini previsti a vantaggio del debitore per effettuare l’opposizione.
Si deve documentare per iscritto. Al di là degli esempi riportati dal codice di procedura civile la casistica giurisprudenziale è molto ampia. Costituiscono prove scritte, come già riportato, le fatture, le parcelle, i titoli di credito e molti altri documenti.
L’accoglimento della domanda o la sospensione della richiesta
Visto il ricorso del creditore il giudice, entro trenta giorni dal deposito dello stesso può:
Emettere il decreto ingiuntivo.
Sospendere la richiesta invitando il ricorrente ad integrare la prova.
Rigettare la domanda ove la domanda non sia accoglibile o il creditore non abbia provveduto alla integrazione probatoria (articolo 640 c.p.c.).
Esecuzione provvisoria
L’articolo 642 del codice di procedura civile disciplina le ipotesi in cui può essere concessa l’esecuzione provvisoria. Se il credito è basato su cambiale, assegno bancario o circolare, certificato di liquidazione di borsa o scrittura privata autenticata o atto pubblico il giudice può concedere l’immediata esecuzione. Il creditore potrà dunque agire subito in esecuzione, senza aspettare che scada il termine per l’opposizione al decreto ingiuntivo.
La Cassazione Civile a SS.UU., con la nota sentenza 22/09/2017 n° 22080[i] ha chiarito che: “L’opposizione alla cartella di pagamento, emessa ai fini della riscossione di una sanzione amministrativa pecuniaria comminata per violazione del codice della strada, va proposta ai sensi dell’art. 7 del decreto legislativo 1 settembre 2011, n. 150 e non nelle forme della opposizione all’esecuzione ex art. 615 cod. proc. civ., qualora la parte deduca che essa costituisce il primo atto con il quale è venuta a conoscenza della sanzione irrogata in ragione della nullità o dell’omissione della notificazione del processo verbale di accertamento della violazione del codice della strada, il termine per la proponibilità del ricorso, a pena di inammissibilità, è quello di trenta giorni decorrente dalla data di notificazione della cartella di pagamento”.
Lo stesso principio è stato richiamato anche dalla Suprema Corte di Cassazione Sezioni unite civili nella Sentenza 27 aprile 2018, n. 10261.
L’azione per dedurre il fatto estintivo/impeditivo costituito dalla omessa o invalida notifica del verbale di accertamento non può che essere quella disciplinata dall’art. 7 del D.lgs. 150/2011 nel termine di 30 giorni dalla notifica della cartella di pagamento. Infatti tale azione è da ritenersi omnicomprensiva e consente al giudice ordinario di conoscere qualsiasi vizio dell’atto sanzionatorio compreso quello attinente al suo procedimento di formazione.